Delegazione di Roma
Sovrano Militare Ordine di Malta

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La misura della speranza

LE BEATITUDINI
Beati i poveri, gli affamati di giustizia, i miti, i tribolati, i misericordiosi, gli operatori di pace, i puri di cuore, i perseguitati.
 
Leggiamo, pensosi, le Beatitudini e non c'è dubbio che una ragione della debolezza della nostra Fede e l'amara smentita dei fatti.

Le cose vanno nella nostra vita privata e pubblica in modo diverso da come ci e stato promesso: sono venti secoli che parliamo della pace promessa da Cristo ai Suoi fedeli, ma la pace non c'è.

Sono venti secoli che proclamiamo le Beatitudini, ma i poveri sono tutt'altro che beati, i portatori di pace non sono beati, i perseguitati continuano ad essere perseguitati, gli affamati di giustizia sono languenti per la fame inappagata.

La realtà storica, squallida e consumistica, violenta e inesorabile, contraddice le nostre certezze di Fede.

La speranza appare inutile, incapace di modificare la triste realtà.
 

Dobbiamo dare le ragioni della Speranza

Credo che tutti noi, cristiani e impegnati nel carisma melitense, dobbiamo impegnarci al massimo in ogni campo sia della spiritualità sia dell'assistenza, sia della testimonianza, sia della diplomazia, per rendere l' Ordine di Malta portatore di speranza, quindi credibile - perché a questo si e impegnato! - quindi attuale e moderno, pur nella bellezza di una storia millenaria, trasformandosi in un messaggio profetico, proteso alla realtà.

Solo se saremo profondamente convinti che si salveranno avanti a Dio, non i grandi, non gli ambasciatori, non gli aristocratici, non i ricchi, ma gli ultimi, gli umiliati, i poveri, i malati; solo allora saremo nella luce autentica del Carisma Melitense, non falsato e deformato, non adattato e interpretato a modo nostro, perché non sia troppo esigente.
 

Collocarsi con gli ultimi

Noi viviamo storicamente in mezzo a questa umana miseria e, portatori di una luce, ci accomodiamo dentro l'unica ricchezza dei poveri che è la speranza. Allora anche noi siamo salvi, ma nella speranza, non nella certezza, non nell'evidenza che ci smentisce. Solo nella speranza ci collochiamo con l'immensa moltitudine degli ultimi. E chi sono questi? Mai hanno saputo del Vangelo di Gesù, mai hanno sentito parlare di Dio, se non vagamente, mai hanno avuto pratiche religiose, cosi "nostre" e confortanti, hanno solo sofferto e pianto, vivendo ai limiti della dignità dell'uomo.

Ma Gesù parla di loro. Ma Gesù indica loro a noi. Non come sono soggettivamente, ma oggettivamente: afflitti che piangono non per la perdita di cose che non ci sono dovute, ma per le cose dovute, necessarie, e non le hanno: cibo, vestito, casa, lavoro, dignità.

Questa tristezza immensa che e nel mondo e immensa dentro il mistero della santità: Beati loro, perché Dio li consolerà. Ne siamo certi, dobbiamo tremare, pensando che questa consolazione per loro Dio la domanderà a noi: Lui a noi, noi a loro. Dio guarda a questi suoi figli, e sono tanti, nel mondo, a questa moltitudine errante e disperata, che gli grida: "Padre che sei nei Cieli, dacci il pane quotidiano!" E Lui volge a noi il Suo sguardo e la Sua attesa: "Date voi il cibo ad essi!"
 

Il nostro impegno

Il nostro impegno portatore di speranza deve assolutamente inserirsi in un quadro generale di presenza e di assistenza, in necessaria e fattiva collaborazione con le Autorità civili e statali del luogo in cui operiamo. Questo vale specialmente per l'attività sanitaria, per il volontariato e per la luminosa attività caritativa e assistenza morale che va organizzata sempre ad alto livello ecclesiale (diocesano e parrocchiale) per coinvolgere più Autorità, più responsabili, più dirigenti possibile.

L'Ordine di Malta va presentato, cioè, come una grande e seria alternativa, come un grande e possibile dialogo con l'Uomo, come un vero, attuale messaggio per l'uomo del Duemila, con la possibilità - per definizione - di rendere vive, palpitanti, attuali e presenti le Beatitudini di venti secoli fa. Di conseguenza, per definizione, l'Ordine deve apparire ed essere quello che afferma di se stesso da mille anni: testimone autentico di fede, di spiritualità, di speranza, operatore instancabile di bene, di aiuto, di soccorso, di presenza, accanto alla sofferenza umana.
 

Ammissione all'Ordine: attenta e severa

Perché tutto questo sia concreto e vero, penso sia necessario the i Gran Priorati e le Associazioni Nazionali debbano avere una sempre maggiore attenzione nell'ammissione di nuovi membri, dei vari ceti, di Dame, Cappellani, Cavalieri, Donati.

Insisterei per un periodo di preparazione spirituale e di impegno concreto dei candidati, quasi un noviziato, sottolineando che si entra nell'Ordine per assumersi un impegno preciso, una "missio" qualificata, un servizio nobile e fedele.

Nessuno pensi che si possa far parte dell'Ordine di Malta solo per motivi che ritengo superficiali ed epidermici, come di onore, di decoro, di importanza sociale, di decorazioni, di divisa, di insegna.

Ci saranno anche queste cose, ma, in più, in aggiunta a quelle, essenziali. Cerchiamo in primo luogo il Regno di Dio, la Sua giustizia e tutto il resto ci sarà dato in sovrappiù.
 

Disponibilità melitense

Per un impegno concreto e vivo appare necessaria una sintesi statistica delle professionalità, delle capacità, delle disponibilità operative e sociali, delle competenze personali per i campi specifici di lavoro melitense.

I Priorati, le Associazioni, le Delegazioni devono essere pure al corrente di "chi ci si può fidare" fra i Cavalieri e le Dame reclutati, chi è pronto e capace a impegnarsi e chi, invece, è neghittoso e chiuso nel suo guscio.

Sapere bene chi può essere utilizzato (non strumentalizzato!) per competenza e giurisdizione ope­rativa spirituale, manageriale, ministeriale, tecnica, informatica, bancaria, diplomatica, magistraturiale, giuridica, sanitaria, linguistica, giornalistica, finanziaria e via di seguito, con forte senso di "realtà politica" avere un ventaglio vasto di capacità e di possibilità operative in mezzo alla società: capacità e passibilità che devono essere sempre illuminate e santificate da una vita autenticamente cristiana e spiritualmente sicura: vero cavaliere, vero gentiluomo di Dio, vero fratello dell'umanità, vero angelo fra il popolo delle Beatitudini.

Capacità e attitudini che fanno dire al Cavaliere: "Eccomi, fratello, cosa posso fare per te?"
 

Un grande progetto di Dio

Facciamo parte di un organismo universale, di un grande progetto di Dio. Amare veramente Dio significa entrare con passione dentro la tribolazione del mondo.

Gesù, il Capo che noi amiamo e serviamo - l'Amico, l'Ideale, il Premio - non si è accontentato di dire solo parole consolatorie: Egli è venuto in mezzo agli uomini, al loro drammi, per annunciare che Dio è "Padre". Essere cristiani e militi cristiani non significa, quindi, isolarsi nella immobilità e nella solitudine, ma significa entrare nella mischia, significa portare e trasmettere il nostro credo nelle Beatitudini, il nostro entusiasmo che genera attese e speranze.

L'amore per l'uomo, per il povero, nel quale la Chiesa e l'Ordine vedono Cristo si fa concreto nella promozione della carità, che non sarà mai pienamente realizzata se i cristiani non riconosceranno nel bisognoso che chiede un sostegno, non un importuno o un fardello, ma una vera occasione di bene, di fede, di speranza.

Se, infatti, l'amore vuole essere cristiano dobbiamo misurarlo non su chi ci gratifica, ma su chi è più in basso, più offeso, più escluso, più disumanizzato.
 

Consacrati a un ideale

La nostra vita di consacrati a un ideale che ci fa riflettere e tremare, che ci fa luminosi e trasparenti a Dio, ci rende fratelli fra anonimi che Egli però ha suggellato con il Suo sempre (non con il nostro) sigillo che dice "Chi si salva, sarà salvo", "ciò che farete all'ultimo l'avete fatto a me!"

Tutto questo che è elencato nelle Beatitudini non avrà peso nella storia, forse sarà sconfitto dall'esperienza, perché i forti vinceranno, i ricchi avranno la meglio, i colti continueranno a ingannare gli ignoranti; la storia, cioè, sarà sempre nella violenza, nella menzogna.

Ma c'è un punto su cui possiamo far leva e ribaltare questa certezza squallida e inumana ed e la certezza che noi siamo figli di Dio, che Dio è alleato e coerente con coloro, che Egli personalmente ha detto Beati!

E Dio non e lo spettatore muto, indifferente di questa tragica situazione! Egli agisce nel cuore degli umili che fan parte della "tipologia delle Beatitudini" e, se li ha proclamati Beati, li fari Beati!

Allora noi, commossi di essere stati chiamati a questo progetto di Dio, sentiamo che questa speranza fermenta, che Dio agisce, che Dio ci chiama, che Dio ci chiede la collaborazione, anche melitense, perché avvenga l'imprevedibile: gli ultimi saranno i primi e il deserto fiorirà...
 

Salviamo le Beatitudini

Non vuole essere provocazione ma vocazione, collaborazione con Dio, noi dell'Ordine siamo chiamati a questo. Dobbiamo salvare la grandiosa e drammatica bellezza delle Beatitudini, delle Promesse di Dio agli Esclusi. Questa è la misura della speranza: devono sentire accanto alla loro miseria la speranza che dobbiamo comunicare e l'aiuto che riveli la bellezza e la Santità del Padre nei cieli, dei fratelli sulla terra, fratelli che camminano insieme, mano nella mano, verso la stessa meta.

Non uno in Mercedes e l'altro sul marciapiedi, non uno sazio e l'altro affamato, non uno vestito e l'altro ignudo, non uno piagato e l'altro profumato, non uno da "importante" e l'altro da miserabile.

Dobbiamo salvare la bellezza e la santità delle Beatitudini e le salveremo vivendole interamente. A questo, Confratelli, Sorelle dell'Ordine di Malta, siamo chiamati con drammatica urgenza da Gesù che un giorno lontano le proclamerà sul monte...

Eccoci, Signore, abbiamo risposto alla Tua chiamata; eccoci, Signore, per vivificare le Beatitudini nei nostri fratelli ultimi, fate, mio Dio, che non sia troppo tardi, fate che l'ultima pagina del libro dell'Ordine di Malta non sia ancora scritta.
 

Mons. Azelio Manzetti  (1929-2013)