Delegazione Emilia Occidentale

Sovrano Militare Ordine di Malta

Strada L.C. Farini, 55 - 43121 Parma

e-mail:  paoloconforti@libero.it


"Fede e ragione", Ritiro Spirituale a Bedonia (Parma).

Si è tenuto presso il Seminario Vescovile di Bedonia (Parma), nella suggestiva cornice dei monti dell’alta Val Taro, l’annuale ritiro spirituale da venerdì 17 a domenica 20 novembre 2023, rivolto a membri e volontari della Delegazione Emilia Occidentale dell’Ordine di Malta. Il ritiro, che ha visto la partecipazione 40 persone, era guidato dal Delegato Gran Priorale Paolo Conforti e dal Vice Delegato Stefano Maccarini Foscolo Canella, con la direzione del Prof. Padre Giacomo Maria Carbone O.P.. L’incontro, articolato in cinque meditazioni, ha avuto per tema “Fede e ragione, da Sant’Agostino a Benedetto XVI”, un argomento alquanto impegnativo e attuale nella società contemporanea, che, in un'atmosfera di raccoglimento e di preghiera, ha stimolato diverse riflessioni da parte di molti partecipanti. Le meditazioni sono state anticipate da un approfondimento sulla genesi, significato e spiritualità della Liturgia delle Ore, la preghiera quotidiana più antica della storia della Chiesa.

Padre Giacomo Carbone, frate domenicano e sacerdote, è professore stabile di Bioetica, Antropologia Teologica e Teologia morale presso la Facoltà di Teologia di Bologna e insegna Introduzione al pensiero e alle opere di Tommaso d'Aquino presso lo Studio Filosofico Domenicano di Bologna. Ha conseguito la Laurea in Giurisprudenza presso l’Università degli Studi di Genova, il Dottorato in Teologia presso la Pontificia Università “San Tommaso d’Aquino” in Roma e il Diploma di perfezionamento in bioetica presso la Facoltà di Medicina del Policlinico Gemelli di Roma. Dal 2006 è direttore editoriale di Edizioni Studio Domenicano. È autore di più di settanta pubblicazioni di carattere scientifico e specialistico.

Al fine di consentire un maggior approfondimento, Padre Giorgio ha preventivamente fornito una traccia delle riflessioni, al fine di prepararsi ai temi proposti con maggior coscienza e conoscenza, soprattutto per chi appartiene alla Religione Giovannita, nell’ambito di un’autentica vita Cristiana di comunione con i Fratelli, di aiuto e servizio ai sofferenti.

 

1) Esistono varie tipologie di fede

Agostino, La vera religione, 50.99 (trad. it. di A. Pieretti, Città Nuova, Roma 1995, p. 141):

«Distinguiamo la fede che dobbiamo prestare alla storia da quella che dobbiamo prestare all’intelligenza e che cosa dobbiamo affidare alla memoria, senza sapere che è vero, ma tuttavia credendolo tale. Distinguiamo, inoltre, dove si trovi la verità che non viene e non passa, ma rimane sempre nello stesso modo. E ancora quale sia il modo secondo cui dobbiamo interpretare l’allegoria che nello Spirito Santo crediamo proferita mediante la sapienza: se sia sufficiente estenderla dalle cose visibili più antiche a quelle visibili più recenti o fino alle affezioni e alla natura dell’anima; oppure fino all’immutabile eternità; se alcune di queste allegorie indichino atti visibili, altre moti dell’animo, altre ancora la legge dell’eternità; e se ve ne siano alcune nelle quali bisogna rintracciare tutte queste cose. Da ricercare è anche in cosa consista la fede stabile, sia storica e temporale che spirituale ed eterna, verso la quale si deve orientare ogni interpretazione secondo l’autorità; e in quale misura la fede nelle cose temporali giovi alla comprensione e al raggiungimento delle realtà eterne, che sono il fine di tutte le buone azioni. […] A cosa giovi un linguaggio così umile per cui nei libri sacri si trovano non solo espressioni che si riferiscono all’ira di Dio, alla sua tristezza, al suo risveglio dal sonno, alla sua memoria, alla sua dimenticanza e a molte altre cose che posso capitare agi uomini buoni, ma anche termini come pentimento, gelosia, crapula e altri simili. E se gli occhi di Dio, le mani, i piedi e altre membra di tal genere, che vengono menzionate nelle Scritture, debbano essere intese secondo l’aspetto visibile del corpo umano, come avviene per l’elmo, lo scudo, la spada, la cintura e simili, oppure in riferimento alle facoltà intelligibili e spirituali [Ef 6,14-17]. E, soprattutto, occorre chiedersi quale giovamento derivi al genere umano dal fatto che la Provvidenza divina abbia parlato con noi attraverso una creatura razionale, generata e corporea, a lei sottomessa. Una volta conosciuto ciò, l’anima si libera di ogni puerile protervia e si apre alla santa religione».

 

2) La fede è indispensabile per vivere in società

Agostino, L’utilità del credere, 12.26 (trad. it. di A. Pieretti, Città Nuova, Roma 1995, pp. 219-221):

«Se non si deve credere a ciò che non si sa, chiedo come i figli possano sottomettersi ai loro genitori e come possano amare con reciproco affetto coloro che non credono essere i loro genitori. Infatti, in nessun modo è possibile conoscere il padre con la ragione, ma lo si crede tale per l’interposta autorità della madre; e neppure per quanto riguarda la madre stessa si crede alla madre, ma alle ostetriche, alle nutrici, alle ancelle. Infatti, colei a cui il figlio può essere sottratto o sostituito con un altro, non può forse ingannare, dal momento che è stata ingannata? Pur tuttavia noi crediamo, e lo crediamo fermamente, ciò che riconosciamo di non poter sapere. Infatti, chi non vedrebbe che, se così fosse, l’amore – che è il più sacro dei legami del genere umano – sarebbe profanato dalla più insolente malvagità? Chi dunque, anche se insensato, considererebbe colpevole colui che avesse reso le dovute dimostrazioni di affetto a coloro che credeva essere i suoi genitori, anche se non lo erano? Chi, al contrario, non avrebbe giudicato meritevole di essere scacciato colui che avesse amato pochissimo quelli che forse erano i suoi veri genitori, temendo di amare quelli falsi? Sono molti gli argomenti che si possono portare per mostrare che non c’è assolutamente nulla nell’umana società che non risulterebbe danneggiato, qualora avessimo deciso di non credere a niente che possiamo considerare come percepito».

 

3) fede, autorità, miracoli, moltitudine

Agostino, L’utilità del credere, 15.33-16.34 (trad. it. di A. Pieretti, Città Nuova, Roma 1995, pp. 233-235):

«Il sapiente per quanto gli è concesso imita Dio. L’uomo stolto, invece, se pur vuole imitare qualcosa che giovi alla sua salute, non ha nulla di più prossimo dell’uomo sapiente. Ma poiché è difficile discernere Dio con la ragione, bisognava mettere alcuni miracoli davanti agli occhi ai quali gli stolti ricorrono molto meglio che alla mente, perché, sollecitati dall’autorità, gli uomini purificassero prima la loro vita e i loro costumi, e così divenissero idonei per accogliere la ragione. Poiché, dunque, bisogna imitare l’uomo senza però riporre in lui la speranza, che cosa

sarebbe potuto accadere di straordinariamente più buono e generoso del fatto che la Sapienza stessa di Dio, pura, eterna e immutabile, alla quale è necessario che aderiamo, si degnasse di farsi uomo? Ed Egli non solo ha fatto cose che ci invitavano a seguire Dio, ma ha anche sofferto cose che ci sconsigliavano dal seguirlo. Poiché, infatti, nessuno può conseguire il bene saldissimo e sommo se non lo ha amato in modo completo e perfetto – e ciò non è assolutamente possibile finché abbiamo paura dei mali e degli accidenti del corpo –, Egli, nascendo e operando in modo straordinario, si è procurato l’amore; morendo e risorgendo ha eliminato il timore. E anzi, in tutte le altre cose che sarebbe lungo ricordare, si è presentato in modo da farci capire fin dove può arrivare la clemenza divina e fin dove può essere sollevata l’umana debolezza. È questa l’autorità più salutare, questa la prima elevazione della nostra mente dalla sua dimora terrestre , questa la conversione dell’amore per questo mondo all’amore per il vero Dio. L’autorità è l’unica che induce gli stolti ad affrettarsi verso la sapienza. Finché non siamo in grado di comprendere le cose nella loro purezza, è indubbiamente sgradevole essere ingannati dall’autorità, ma è di certo ancora più sgradevole non esserne toccati. Se infatti la divina Provvidenza non presiede alle cose umane, non c’è affatto motivo di preoccuparsi per la religione. Se invece, da una parte la bellezza di tutte le cose – che si deve credere sicuramente emanata da una qualche sorgente di autentica bellezza – e, dall’altra, una non so qual coscienza interiore sollecitano, per così dire in forma collettiva e individuale, gli animi migliori a cercare Dio e a servirlo, allora non si deve perdere la speranza che esista una qualche autorità, costituita da Dio stesso, sulla quale appoggiarci, come su un solido gradino, per elevarci verso Dio. Ora questa autorità ci tocca in due modi: in parte con i miracoli, in parte con la moltitudine di quelli che la seguono».

 

4) Bellezza, armonia del creato, via alla conoscenza di Dio, dal visibile all’interiorizzazione

Agostino, La vera religione, 39.72 (trad. it. di A. Pieretti, Città Nuova, Roma 1995, pp. 109-111):

«La sapienza divina pervade il creato da un confine all’altro; quindi, per tramite suo, il sommo Artefice ha disposto tutte le sue opere in modo ordinato, verso l’unico fine della bellezza. Nella sua bontà pertanto a nessuna creatura, dalla più alta alla più bassa, ha negato la bellezza che da Lui soltanto può venire, cosicché nessuno può allontanarsi dalla verità senza portarne con sé qualche immagine. Chiediti che cosa ti attrae nel piacere fisico e troverai che non è niente altro che l’armonia; infatti, mentre ciò che è in contrasto produce dolore, ciò che è in armonia produce piacere. Riconosci, quindi, in cosa consista la suprema armonia: non uscire fuori di te, ritorna in te stesso: la verità abita nell’uomo interiore e, se troverai che la tua natura è mutevole, trascendi anche te stesso. Ma, ricordati, quando trascendi te stesso, che trascendi l’anima razionale: tendi, pertanto, là dove si accende il lume stesso della ragione. A che cosa perviene infatti chi sa ben usare la ragione se non alla verità?».

 

5) esistenza di Dio dimostrata per via di causalità

«Tutto ciò che conviene a una cosa o è causato dai principi della sua natura – come la capacità di ridere nell’uomo [che è causata dalla sua natura razionale] – o proviene da un principio estrinseco – come la luce nell’aria per influsso del sole –. Ma non è possibile che lo stesso essere sia causato dalla stessa forma o quiddità della cosa [cioè dall’essenza della cosa] come da causa efficiente, perché così una cosa sarebbe causa di se stessa e una cosa produrrebbe se stessa nell’essere, il che è impossibile. È dunque necessario che ogni cosa il cui essere è altro dalla sua natura [cioè dalla sua essenza] abbia l’essere da un altro. E poiché tutto ciò che è mediante un altro è ricondotto a ciò che è di per sé come alla sua causa prima, è necessario che vi sia una realtà che sia causa dell’essere di tutte le cose per il fatto che essa stessa è soltanto essere. Se così non fosse, si andrebbe all’infinito nelle cause, poiché ogni cosa che non è soltanto essere ha la causa del suo essere. È chiaro dunque che l’intelligenza è forma e essere e che ha l’essere dal primo ente, che è soltanto essere, e questo è la causa prima che è Dio» (Tommaso d’Aquino, L’ente e l’essenza, cap. 4, trad. it. D. Lorenz, ESD, pp. 202-203).