Seconda Domenica di Avvento: il mistero dell'Incarnazione.
La seconda domenica di Avvento, quest’anno, coincide con la Solennità dell’Immacolata Concezione. Il vangelo ci narra l’azione di Dio in una donna, Maria di Nazaret: davvero “grandi cose ha fatto in lei l’Onnipotente” (cf. Lc 1,49)! In una terra ai margini della Palestina, in un villaggio insignificante, in una casa semplice e sconosciuta, in una famiglia quotidiana si realizza il mistero dell’umanizzazione di Dio: Dio, l’eterno, si fa mortale, il forte si fa debole, il celeste si fa terrestre.
L’Apostolo Paolo, quando cercherà di cantare questo evento nella fede cristiana ormai professata da ebrei e da greci, affermerà: “Colui che era Dio svuotò se stesso, diventando uomo” (cf. Fil 2,6- 7).
Questo evento inaudito e impossibile per noi umani, è avvenuto perché “tutto è possibile a Dio”, ma come raccontarlo? La verità da esprimere è che un uomo come Gesù, il Figlio di Dio divenuto carne mortale, solo Dio ce lo poteva dare. Non poteva essere il frutto di volontà umana, non poteva essere generato dalla sola umanità, non poteva essere semplicemente il figlio di una coppia umana. Ed ecco, per rivelare la verità profonda di questo evento, al di là di ciò che risultava visibile agli occhi della gente di Nazareth, una narrazione che cerca di dirci come Dio è intervenuto e ha agito, come Gesù è un dono che solo Dio poteva darci. A una giovane donna ebrea, chiamata Maria, Dio guarda con amore, fino a sentirla e proclamarla come “amata”, “riempita e trasformata dalla sua grazia, dal suo amore”. Dio le fa sentire la sua presenza, la sua vicinanza, le fa sentire che “è con lei”, per questo Maria deve rallegrarsi.
Maria era una donna di fede, dunque sempre in attesa dell’azione e della presenza di Dio e, proprio per questo, nei confronti del suo Signore non aveva alcuna pretesa né vantava alcun merito. Perciò è sorpresa, timorosa e stupita per questa grazia di Dio che la invade nella quotidianità dei suoi giorni. Eppure Maria sa ascoltare la voce del Signore che le chiede di non temere, di avere fede: il figlio che concepirà dovrà chiamarlo “Gesù”! Il nome “Gesù” significa “il Signore salva”: egli sia riconosciuto nella sua vera identità di Figlio dell’Altissimo, discendente di David, dunque Messia.
Maria però confessa: “Io non conosco uomo!”, riconoscendo cioè l’impossibilità umana di dare alla luce un figlio in quella condizione, dunque la sua incapacità a concepire e a partorire un tale figlio. In lei c’è soltanto un vuoto, più radicale di quello di una donna anziana e sterile come sua cugina Elisabetta (cf. Lc 1,18.36), un vuoto dal quale non può avvenire generazione. Ma il Signore Dio nella sua potenza fa cose inaudite e grandi e le opera in lei: sarà come una nuova creazione! Come lo Spirito del Signore planò sulle acque della Genesi in quel in-principio, per generare la vita (cf. Gen 1,2), così ora lo stesso Spirito Santo scende su Maria la sua Presenza che la copre come ombra, renderà possibile che la Parola di Dio si faccia carne (cfr. Gv 1,14) e che quel vuoto diventi il “sito” in cui Dio raggiunge l’uomo, generando suo Figlio quale “Figlio nato da donna” (Gal 4,4).
Ecco il mistero dell’incarnazione, di fronte al quale si può soltanto adorare, contemplare e ringraziare. Solo Dio poteva darci un uomo come Gesù e a questo dono ha risposto con un “amen”, un sì disponibile, Maria, la donna di Nazareth che Dio ha scelto facendola oggetto della sua grazia, della sua benevolenza, del suo amore totalmente gratuito.
don Osvaldo Riccobelli - Cappellano della Delegaztizio - Marche Nord