Storia della Delegazione di Pisa

La sede pisana degli Ospitalieri ha origini molto antiche: essa appare già menzionata all’interno del privilegio solenne con cui papa Pasquale II, il 15 febbraio 1113, riconobbe il nuovo Ordine nato a Gerusalemme e ne elencò le dipendenze in Occidente. Il complesso dell’Ordine in città era inizialmente composto dalla chiesa e dall’ospedale di San Sepolcro in Chinzica, tra l’Arno e la Carraia Maggiore, odierna via San Martino.

Nella città toscana venne così fondato, nel XII secolo, un Priorato gerosolimitano destinato a percorrere tutto il Medioevo fino al tramonto dell’Età moderna: oggi, Pisa dipende dal Gran Priorato di Roma, e fino al 1995 costituiva un’unica Delegazione con sede a Firenze. A fronte dell’aumento del numero dei Confratelli e, soprattutto, delle crescenti attività, il 14 ottobre 1995 fu decretata la suddivisione della Toscana dando vita alla Delegazione di Pisa, con competenza territoriale sulle province di Massa-Carrara, Lucca, Pisa e Livorno. Per un periodo di sei mesi, necessari per gli adempimenti burocratici e organizzativi, il Gran Priorato di Roma conferì al marchese professor Luigi Quaratesi d’Achiardi l’incarico di guidare la transizione.

Concluso il lavoro di assetto, si addivenne alla convocazione della prima Assemblea tenutasi il 9 dicembre 1995, le cui decisioni furono sottoposte alla ratifica del Capitolo Gran Priorale, che giunse nel giugno del 1996. Quale primo delegato di Pisa fu confermato il marchese Luigi Quaratesi d’Achiardi, coadiuvato dal Consiglio composto dal marchese Pietro Mazzarosa Devincenzi Prini Aulla, dal dottor Giancarlo Scotti, da fra’ Fabio Curcio Rubertini, dalla dottoressa Ofelia Vagelli Bandettini, dal dottor Giovanni Battista Biondi della Sdriscia e dal colonnello Antonio Tarantino.

Il Raggruppamento di Pisa si ritrovava periodicamente nella chiesa di San Giorgio, adiacente a Piazza Carrara, messa a disposizione dal Vicedelegato Pietro Mazzarosa Devincenzi Prini Aulla. Nel mentre, il conte Sebastiano Giustiniani, delegato della Toscana, coadiuvato dai Confratelli di Pisa, aveva avviato già dal 1992 la trattativa con l’Arcivescovo di Pisa, monsignor Alessandro Plotti, per l’assegnazione di una chiesa con locali idonei a essere sede delle attività dell’Ordine. Fu individuata e data in comodato d’uso la chiesa di San Domenico nel centralissimo Corso Italia, scelta per riaprire una delle chiese che, da veri monumenti di storia cittadina, erano diventati purtroppo magazzini o ambienti inutilizzati. Fu così ripristinato un edificio ricco di valori artistici, storici e monumentali e nel contempo si creò un ulteriore luogo di aggregazione, anche sociale e culturale, per i membri del Gruppo Giovanile.

La struttura, sulla quale era già intervenuta nel 1987 la Sovrintendenza ai Monumenti di Pisa al solo fine di evitare danni irreversibili, necessitava di ingenti e operosissimi lavori di ripristino e di restauro, che furono resi possibili grazie al lascito del Donato di Giustizia Francesco Rondoni. I lavori ebbero inizio nel 1994 e furono seguiti con grande dedizione e sacrificio personale dall’ingegner Giustiniani, dal dottor Scotti e da altri Confratelli. Il 3 dicembre 1997, alla presenza di S.A.E. il Principe e Gran Maestro dell’Ordine fra’ Andrew Bertie e delle massime autorità cittadine, venne inaugurata la nuova sede della Delegazione di Pisa.

LA CHIESA DI SAN DOMENICO

La chiesa con l’annesso monastero appartenne alle monache domenicane. Secondo un'antica tradizione poi smentita, l’edificio fu costruito a partire dal 1385 da Pietro Gambacorta per aderire ai desideri della figlia Chiara, monaca fin dal 1378 nel monastero di Santa Croce in Fossabanda, che nel 1382 istituì la prima comunità osservante dell’Ordine Domenicano. I Gambacorti si limitarono però a finanziarne alcuni lavori intorno al 1392. Questi ultimi si conclusero nel 1408, ma l’edificio venne consacrato solo nel 1457. Le monache vi rimasero fino al 1810. Fra il 1892 e il 1896 il convento venne trasformato in un ospizio di mendicità e le monache si raccolsero in un locale attiguo fino al 1943.

A partire dal 1724 e fino al 1732 si provvide a un generale rifacimento dell’interno sotto la direzione dell’ingegnere Filippo Santini, consistente nel prolungamento dell’edificio che venne perciò diviso in due distinti corpi, il primo dei quali, corrispondente all’antica chiesa (interna), fu destinato al coro delle monache, il secondo alle funzioni pubbliche. Nel 1726 si procedette ad erigere i due altari laterali, entro il 1737 venne completata la decorazione con ornati a stucco ad opera di Giovanni Frullani. Numerosi interventi di abbellimento sono avvenuti nel corso dell’ottocento e novecento: nel 1845, si provvide a lastricare il pavimento del presbiterio, tra il 1851 ed il 1855 fu costruita la cappella destinata a contenere le reliquie della Beata Chiara, ed ancora nel 1912-14 venne ristrutturata l’intera facciata.

La chiesa è stata gravemente danneggiata dai bombardamenti dell’ultimo conflitto mondiale che hanno distrutto la volta affrescata da Tommaso Tommasi con scene della vita della Beata Gambacorti e i due dipinti posti sulla parete destra raffigurante la Morte della Beata Gambacorti e la Beata serve a tavola i parenti dell’Appiano, parte di una serie composta di quattro tele di Giovanni Battista Tempesti.

In seguito al bombardamento crollò la parte centrale della chiesa, rimase intatta l’urna della Beata Chiara. Le monache furono ospitate subito nel seminario di S. Caterina, poi accolte in altri conventi in attesa dell’attuale monastero in via della Faggiola. Per molto tempo sconsacrata, è stata riaperta al culto e completamente restaurata nel 1997 grazie ai finanziamenti del Sovrano Militare Ordine di Malta.

Esterno
La facciata, di origine quattrocentesca, è stata restaurata nel 1913, quando si provvide a costruire nella parte superiore la bifora con colonnina in marmo in stile gotico al posto di una precedente finestra di forma rettangolare, così come la lunetta affrescata con l’annunciazione da Francesco Manenti nel 1913 sulla traccia di un più antico affresco, coperta da una tettoia in legno.

Interno 
A navetta unica con volta tutto sesto ( ricostruita dopo la guerra) e pennacchi in corrispondenza delle finestre, tre per lato, quelle di sinistra sono tamponate, ornate con cornici a stucco. L’ingresso presenta un loggiato spartito da due colonne. Il pavimento in marmo decorato con motivi geometrici è degli inizi del XX secolo e ospita una lapide celebrativa della famiglia Gambacorti, datata 1912. Sopra la porta sono posti due angeli in stucco reggi cartiglio. In controfacciata a sinistra in un ovale è posto un rilievo con la Vergine, putto e colomba sello Spirito Santo, eseguito unitariamente a tutti gli altri stucchi dal Frullani. Lungo le pareti si estendono dodici croci in stucco eseguiti da Carlo Antonio Quadri nel 1727.

Parete sinistra: tabernacolo con timpano e teste di due putti entro il quale è collocata una lapide di Antonio Sances (m. 1853). Segue entro una cornice rettangolare un dipinto di Giovanni Battista Tempesti raffigurante La Beata Chiara Gambacorti impedita dal fratello di farsi monaca datato 1762. Il primo altare, in marmi policromi con colonne tortili e timpano curvilineo spezzato con angeli del 1730, fu ideato ed eseguito da Isidoro Baratta. Ospita una scultura raffigurante S. Giovanni Battista di recente fattura. Segue un’altra cornice identica alla precedente che ospita la tela raffigurante La Beata Chiara riceve le parenti del D’Appiano di Giovan Battista Tempesti (1782).

Nel sovrapporta, tra gli angeli reggi cortina, vi è un ovale in stucco raffigurante –figura di prelato- e sotto un episodio relativo alla sua vita. Segue un’altra cornice di forma ottagonale vuota all’interno (ma che ospitava una tela di Gaetano Piattoli raffigurante Episodi della Beata Maria Mancini in corrispondenza dell’altro di Francesco Conti raffigurante la Beata Gambacorti in conversazione con Alfonso di Vadaterra entrambi datati 1763). Nella parete di fondo entro un ovale è raffigurata La morte della Beata Chiara Gambacorti.

L’altare maggiore in marmi policromi è composto da colonne tortili con timpano curvilineo spezzato sul quale poggiano due angeli ed il simbolo del Santissimo Sacramento, opera della cerchia dei Baratta. Al centro vi è un crocifisso ligneo. Al fianco destro sopra una grata si trova un’altra cornice ovale a strucco, identica a quella della parete sinistra raffigurante La Vergine, il bambino e la Beata Chiara Gambacorti.

La parete sulla quale si eleva l’altare maggiore divide la chiesa in due corpi. Quello retrostante, corrispondente all’aula già riservata alle monache, ha il soffitto a capriate e le pareti in laterizio. In una nicchia a sinistra vi è un affresco trecentesco raffigurante Crocifissione con angeli e santi e nell’intradosso, entro tondi, figure di Apostoli con Cristo benedicente al centro.

Sulla parete d’ingresso vi è un altare ligneo cinquecentesco, ma riadattato al 1638, già utilizzato come altare maggiore. Sulla parete destra altro altare ligneo più piccolo di fattura simile al precedente; sulla parete destra, si trovano gli ornamenti composti da cornici, sovrapporte e da un altare marmoreo sono identici a quelli della parete sinistra. In controfacciata è collocato un ovale raffigurante l’Estasi della Beata Chiara Gambacorti.

BIBLIOGRAFIA ESSENZIALE

Anthony Luttrell, The Hospitallers of Rhodes between Tuscany and Jerusalem: 1310-1431, «Revue Mabillon», n.s., III (1992), pp. 117-138.

Maria Luisa Ceccarelli Lemut – Gabriella Garzella, I Gerosolimitani a Pisa e nel territorio nel medioevo, in Riviera di Levante tra Emilia e Toscana: un crocevia per l’Ordine di S. Giovanni di Gerusalemme. Atti del Convegno di studio (Genova-Rapallo-Chiavari, 9-12 settembre 1999), a cura di Josepha Costa Restagno, Genova-Bordighera 2001, pp. 531-553.

Giovanni Scarabelli, Sovrano Militare Ordine ospedaliero di San Giovanni di Gerusalemme, di Rodi e di Malta: Delegazione Gran Priorale di Pisa, Pisa 2003.

Franz von Lobstein, Lineamenti per servire alla storia del Priorato poi Gran Priorato gerosolimitano di Pisa, Pisa 2006.

Maria Luisa Ceccarelli Lemut – Gabriella Garzella, Per la storia dell’Ordine di San Giovanni di Gerusalemme: i priori del priorato pisano (secoli XII-XV), in Concordi lumine maior. Scritti per Ottavio Banti, a cura di Stefano Bruni, Pisa 2014, pp. 75-88.

PER APPROFONDIRE

Fra' Giovanni Scarabelli, LA DEVOZIONE DI SANTA UBALDESCA TACCINI NELL'ORDINE DI SAN GIOVANNI A MALTA Scarica

Maria Luisa Ceccarelli Lemut, UBALDESCA, UNA SANTA FRA PISA E L'ORDINE: DALLA VITA AL CULTO IN ETÀ MEDIEVALE Scarica