Santa Toscana

Nell'odierno ricordo di Santa Toscana si riporta lo scritto di Marcello Zannoni

“Parte pretiosa di tesoro inestimabile che nelle Sacrate Reliquie di Santa Toscana in questa Città gelosamente si conserva nella Chiesa a lei dedicata, ci domanda l’Eccellentissimo Gran Maestro della Sacra Religione di Malta con sue lettere delli 3 gennaro prossimo passato per arricchire il Tempio principale di San Giovanni di quella Città non è in ciò men plausibile per noi l’occasione d’ampliare in Lontane Regioni la veneratione a questa Santa che, nata in questa Patria, aggregata all’Ordine Gerosolimitano fatta poi Cittadina del Cielo, ove Beata risiede influisce di là su sopra di noi continue gratie e benedittioni di quello che sia ben degno il rispetto d’incontrare le pie sodisfattioni di Sua Eminenza e della sua Religione cospicua nelle benemerenze d’instancabile servitio a pié della Santa Fede. Perciò ad aumento della nostra antica incessante devotione verso la Santa medesima, contribuendo l’assenso alla religiosa e sommamente stimata intentione di Sua Eminenza, a prepositione del Magnifico Marc’Antonio Sagramosi marchese, Provveditor di Comune anderà Parte posta per li Magnifici Provveditori che, quando vi concorra il Supremo beneplacito del Serenissimo Principe, sia concesso all’Eccellentissimo Gran Maestro predetto quanto richiede e siano deputati due Soggetti di questo numero a farne consegna”.

Così si esprimeva, agli inizi del 1684, il Consiglio cittadino di Verona a seguito della richiesta, inoltrata dal Gran Maestro dell’Ordine di Malta Fra’ Gregorio Carafa, di poter avere una reliquia di Santa Toscana da conservare nella Chiesa Conventuale di San Giovanni Battista alla Valletta. Dell’operazione vennero incaricati il marchese Marcantonio Sagramoso e il conte Scipione Buri, Provveditori del Comune, ai quali offrì tutta la propria collaborazione Fra’ Bernardino della Ciaja, titolare della Commenda di San Vitale e Sepolcro, alla quale la chiesa era legata. Ottenuto il consenso del Doge Marcantonio Giustinian, il 15 giugno venne solennemente prelevata dall’arca della Santa una reliquia dell’omero destro, che giunse a Malta con tutti gli onori il 9 ottobre. In segno di gratitudine il 30 aprile 1685 il Gran Maestro Carafa elevò la Chiesa di Santa Toscana a perpetua Cappellania d’Obbedienza.

Fra tutti i Santi e Beati dell’Ordine di San Giovanni di Gerusalemme Santa Toscana è l’unica a cui siano state intitolate delle chiese. Questo avvenne a partire dal 1524, quando le fu dedicata la Chiesa del Santo Sepolcro, nella quale si trovava il suo corpo. L’arca in marmo rosso reca l’iscrizione semigotica “HIC IACET CORPUS BEATE TOSCANE ORDINIS SANCTI IOHANIS GEROXOLEMITANI” ed è databile verosimilmente al 1393, anno in cui la chiesa venne ampliata, ma è possibile che la traslazione dalla precedente sepoltura fosse avvenuta già in precedenza.

La quasi totale assenza di documenti relativi alla sua vita è ampiamente compensata da una ricca tradizione, a cui per primo attinse nel 1474 l’abate benedettino Celso dalle Falci. Egli stesso non fu in grado d’inserire la vita della Santa in un ben preciso periodo storico e così in seguito storici e agiografi hanno indicato chi il XII secolo, chi gli anni fra il XIII e il XIV.

Nata a Zevio, paese della campagna veronese lungo l’Adige, dalla famiglia dei Crescenzi, secondo la tradizione sin da giovane avrebbe preferito consacrarsi al Signore, ma sarebbe stata 2 indotta dai genitori a sposare Alberto della famiglia “degli Occhi di Cane”. Moglie esemplare, non ebbe figli e di quanto possedeva una parte la donava alla Chiesa, una parte ai poveri e ai pellegrini e solo il restante tratteneva per sé e per la famiglia.

Trasferitasi col marito a Verona, abitò nei pressi dell’Ospedale della Pietà, dei Cavalieri di San Giovanni di Gerusalemme, annesso alla Chiesa del Santo Sepolcro, appena fuori Porta Vescovo, dove si recava quotidianamente ad assistere i malati nelle mansioni più umili.

L’Ordine Gerosolimitano era presente a Verona già alla metà del XII secolo. La città, allo sbocco della valle dell’Adige, via naturale di collegamento con il Nord, stava riacquistando il suo ruolo fondamentale di crocevia che già aveva avuto in epoca romana. L’Ospedale accoglieva quindi, oltre ai malati e ai bisognosi, anche pellegrini e viaggiatori. Nell’ottobre del 1158 fu a Verona lo stesso Gran Maestro Fra’ Raymond du Puy, il primo successore del fondatore dell’Ordine, il Beato Gerardo. Dall’Imperatore del Sacro Romano Impero Federico Barbarossa, presente in città, ottenne una conferma generale dei privilegi già concessi all’Ordine nei territori dell’Impero. L’anno successivo il Vescovo di Verona Ognibene pronunciava una sentenza con la quale assegnava all’Ordine la Chiesa del Santo Sepolcro, che era stata oggetto di una lunga contesa con l’Abate del Monastero benedettino dei Santi Nazaro e Celso.

Qualche anno dopo, nel 1174 venne accolto nell’Ospedale il barone tedesco Bonifacio, dignitario della corte di Federico Barbarossa, probabilmente sofferente per i postumi di ferite riportate nelle campagne di Terrasanta. Morente lasciò all’Abate Adamo, del Monastero dei Santi Nazaro e Celso, che lo assisteva, i corpi di San Biagio, di due suoi discepoli e di Santa Giuliana, che aveva portato dall’oriente.

Il 2 febbraio 1178 venne stipulato un contratto tra l’Abate Adamo e Fra’ Lazzaro, Maestro dell’Ospedale veronese, nel quale, oltre ai Cavalieri Professi, vengono citate tre religiose: Adelasa, Bretella e Truita. Quando Toscana, ancora giovane e senza figli, rimase vedova, chiese in effetti di potersi consacrare totalmente a Dio servendo gli ammalati come religiosa gerosolimitana. Nel corso dei secoli sorsero conventi di Giovannite, oltre che in Italia, in Spagna, Francia, Inghilterra e a Malta. Nella sua opera Histoire des ordres monastiques…, pubblicata a Parigi nel 1715, Helyot afferma che anticamente le religiose dell’Ordine di San Giovanni di Gerusalemme portavano una veste rossa, mutata in nero dopo la perdita di Rodi del 1522 in segno di lutto.

Nel 1313 all’Ordine venne assegnata la vicina Chiesa di San Vitale, con tutti i suoi beni e privilegi, che apparteneva ai Templari. Con la Bolla Vox in excelso del 22 marzo 1312, infatti, Papa Clemente V aveva soppresso l’Ordine di Santa Maria del Tempio e il 2 maggio, con la Bolla Ad providam, stabiliva che i beni dei Templari – ad eccezione di quelli in Castiglia, Aragona, Majorca e Portogallo - venissero ceduti agli Ospitalieri. Prendeva così forma, qualche decennio dopo, la ricca Commenda di San Vitale e Sepolcro, dipendente dal Priorato di Venezia, e veniva ulteriormente potenziata l’attività ospitaliera dell’Ordine a Verona.

La tradizione riporta vari fatti miracolosi legati alla vita di Santa Toscana. Un giorno tre giovani si introdussero nella sua casa per attentare alla sua virtù, ma improvvisamente morirono uno dopo l’altro. Di fronte alla disperazione dei loro parenti, nel frattempo sopraggiunti, e addolorandosi ella stessa che fossero morti in preda al peccato, pregò intensamente il Signore. I tre giovani vennero resuscitati per il tempo necessario a pentirsi dei loro peccati e a confessarsi e vennero quindi restituiti alla morte. Un altro giorno, mentre camminava, alcuni ladri le sottrassero il mantello ma, accingendosi a spartirselo, le loro mani si paralizzarono. Atterriti le chiesero perdono e, grazie alle sue intense preghiere, le loro mani furono risanate.

Dopo anni di umile servizio nell’Ospedale, in punto di morte Toscana chiese di esser sepolta sulla pubblica via, di fronte all’Ospedale, in segno estremo di umiltà. Ma qui, sempre secondo la narrazione di Celso dalle Falci, si verificarono segni prodigiosi, canti e luci sia di giorno che di notte. Il Vescovo di Verona il 14 luglio – ma il biografo non è in grado d’indicare l’anno, che si ipotizza possa essere stato il 1344 – decise quindi di trasportare il corpo di Toscana all’interno della chiesa, decretandone così per elevationem corporis, secondo la prassi medievale, la canonizzazione.

Nel corso dei secoli la devozione a Santa Toscana è cresciuta in tutta la diocesi: le sono state intitolate chiese – come a Verona e a Zevio, di cui è la Patrona -, oratori, altari, capitelli; in suo onore sono state istituite confraternite e il giorno della sua morte (secondo alcuni agiografi individuato anch’esso nel 14 luglio) proclamato festivo e celebrato in tutta la diocesi.

Quando, in età napoleonica, la Direzione del Demanio con decreto del 18 giugno 1806 stabilì la chiusura della Chiesa di Santa Toscana, dopo che, due mesi prima, era stata soppressa la Commenda stessa di San Vitale e Sepolcro, i Veronesi insorsero. Fecero ricorso il 14 novembre e già il 6 dicembre ne ottennero la riapertura come rettoria dipendente dalla Parrocchia dei Santi Nazaro e Celso.

A Zevio nel settembre del 1882 gli abitanti si affidarono alla Santa affinché salvasse il paese dalla disastrosa piena dell’Adige, che già aveva causato notevoli danni a Verona e in provincia. Zevio si salvò.

L’iconografia di Santa Toscana è, quindi, particolarmente ricca, sia nella devozione della diocesi di Verona, sia in quella dell’Ordine. Alla fine del ‘400 il pittore Liberale da Verona esegue per la Chiesa di Sant’Anastasia la tavola dell’“Assunzione di Santa Maria Maddalena con Santa Caterina d’Alessandria e Santa Toscana e quattro Angeli”, e, qualche anno dopo, probabilmente in concomitanza con l’intitolazione alla Santa di Zevio della Chiesa del Santo Sepolcro, il trittico di “Santa Toscana tra San Giovanni Battista e San Pietro”. Mentre nel timpano è raffigurato l’Eterno Padre, la predella è scandita da sette scomparti con episodi della vita e miracoli della Santa. In posizione centrale e di maggiori dimensioni il riquadro col suo sepolcro, vegliato dalla Vergine col Bambino, sul quale gli angeli cantano “PIA TUSCANA ORDINI OBLATA / SANTI IOANNIS HIEROSOLIMITANI / HODIE LETA MERVIT ATHLETA / SCANDERE CELVM”.

Liberale da Verona rappresenta Santa Toscana in veste nera con una piccola croce ottagona, bianca come il velo, il soggolo e una fascia alla vita; regge nella mano destra un libro e nella sinistra un Rosario. Con qualche piccola variante – quale la croce ottagona sul mantello o la presenza del Crocifisso – viene rappresentata nel corso dei secoli.

Così nell’opera Dell’Historia della Sacra Religione et Ill.ma Militia di S. Giovanni Gierosolimitano, pubblicata a Roma a partire dal 1594, del grande storico dell’Ordine Fra’ Giacomo Bosio. Trattandosi di un’incisione non è possibile dir nulla del colore della veste, così come nella Medaglia dedicata alla Santa tra le cosiddette “Medaglie contro i veleni”. Sono medaglie che, intorno al 1622, Fra’ Francesco Bonarroti realizzò in stucco con un impasto di polvere ricavata dalla roccia della “Grotta di San Paolo” a Malta. Nell’isola l’Apostolo aveva fatto naufragio durante il viaggio che lo portava in catene a Roma, essendosi appellato all’Imperatore, e nella grotta avrebbe trovato rifugio. La tradizione vuole che, raccogliendo sterpi per alimentare un fuoco, San Paolo sia stato morso da una vipera, il cui veleno non ebbe però alcun effetto su di lui. Afferrandola, anzi, e gettandola nel fuoco, il Santo avrebbe pronunciato un esorcismo contro tutti gli animali velenosi, che da allora scomparvero dall’isola – e a tutt’oggi sono pressoché inesistenti.

La roccia stessa della grotta, quindi, si credeva avesse proprietà curative contro i veleni e, in quanto tale, veniva anche ridotta in polvere, mescolata con acqua e ingerita. Medaglie come queste venivano fatte oggetto di dono agli ospiti illustri che si recavano alla grotta.

Fra’ Francesco Bonarroti, che ne realizzò con le immagini dei Santi e Beati dell’Ordine, era nipote del grande Michelangelo e si dilettava di disegnare e progettare. Ricoprì, fra l’altro, le cariche di Governatore del Forte Sant’Angelo, di Procuratore della Lingua d’Italia e di Segretario del Gran Maestro per la Lingua d’Italia stessa.

Santa Toscana viene effigiata in preghiera di fronte a un Crocifisso, col Rosario tra le mani giunte.

Nel verso di questa, come della maggior parte delle altre medaglie, figura la Croce di Malta, accompagnata dalle parole tratte dal capitolo V di Isaia “ELEVABITUR SIGNUM IN NATIONIBUS PROCUL”.

Quanto al colore dell’abito, costituisce un’importante eccezione l’olio su rame degli inizi del ’600 (in collezione privata) del veronese Alessandro Turchi detto L’Orbetto, ove, affiancata alla 4 Vergine col Bambino e ai Patroni di Verona San Zeno e San Pietro Martire, Santa Toscana sotto il mantello nero con la croce porta una veste rossa. Non è, in verità, un caso isolato, se si considerino l’affresco tardo quattrocentesco nella Chiesa di Nichesola, nella Bassa veronese, o la miniatura cinquecentesca ad apertura di un Liber Solemnitatum Sanctæ Tuscanæ.

Lo stesso Orbetto, nella pala d’altare della Glorificazione di Santa Toscana a Zevio del 1634, già attribuita a Domenico Riccio detto il Brusasorzi, ne ripropone sia la veste che il mantello neri. Così la rappresenta negli anni ’60 anche il grande pittore calabrese Mattia Preti, ammesso nell’Ordine nel 1642 per i suoi meriti, nelle volte della Chiesa Conventuale di San Giovanni Battista alla Valletta. Con le mani giunte rivolte al cielo in atto di preghiera, è affiancata a Santa Ubaldesca, che, vissuta a Pisa nel XII secolo, è dipinta invece in una veste rossa con una croce bianca piana. Di Santa Toscana “il Cavalier calabrese” ripropone l’immagine nell’adiacente Oratorio di San Giovanni Battista o dei Novizi, mentre con la sua preghiera chiede che vengano risanate le mani ai ladri che le avevano rubato il mantello e che vengono dipinti sullo sfondo.

In occasione del Santo Natale del 1971 le Poste Magistrali dell’Ordine di Malta hanno dedicato tre francobolli ed un foglietto al trittico di Liberale da Verona nella Chiesa di Santa Toscana, di fronte al quale due anni prima, nel maggio del 1969, si era raccolto in preghiera il Gran Maestro Fra’ Angelo de Mojana di Cologna. Santa Toscana viene ricordata il 14 di luglio.

 

Riferimenti bibliografici:

D. CERVATO, Santa Toscana di Verona. Storiografia, Vita, Culto, Verona, Biblioteca Capitolare, 2006.

SOVRANO MILITARE ORDINE DI MALTA. GRAN PRIORATO DI LOMBARDIA E VENEZIA, Lungo il tragitto crociato della vita, Venezia, 2000.

L. TACCHELLA, Il Sovrano Militare Ordine di Malta nella storia di Verona, Genova, 1969