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Apertura del 244° Anno Accademico della Pontificia Università Lateranense.

Il Gran Priore di Roma dell’Ordine di Malta, S.E. Giacomo Dalla Torre del Tempio di Sanguinetto,  tra gli Ospiti d’Onore.

La collaborazione tra la Lateranense e il Gran Priorato di Roma si è intensificata in occasione della firma del protocollo d’Intesa tra l’Università e il Ministero dell’interno finalizzato all’accoglienza di giovani studenti che godono dello status di rifugiati.
Il Gran Priore ha fortemente appoggiato questa lodevole iniziativa con la sua presenza e il suo incoraggiamento, ed anche con una donazione volta a sostenere questi studenti e gli altri che l’Università accoglierà nel corso dell’Anno Accademico.

IL RETTORE DAL COVOLO: SERVIAMO IL PAPA, ANNUNCIAMO LO STESSO VANGELO AD UN MONDO CHE CAMBIA. PAROLIN: ECCO COME AGISCE LA DIPLOMAZIA DELLA SANTA SEDE NEL MONDO POSTGLOBALE 

Si è aperto il 9 novembre, con il Dies Academicus, il 244° Anno Accademico alla Pontificia Università Lateranense. Nella prolusione d’apertura della solenne cerimonia, il vescovo Enrico dal Covolo, Rettore Magnifico dell’Ateneo che è legato in modo particolare alla Santa Sede e alla Chiesa di Roma, ha voluto ricordare l’appellativo dato alla Lateranense da Giovanni Paolo II che la definì: “Università del Papa”. Queste parole sono “onore e onere”, per il vescovo dal Covolo, e “servono a noi, che lavoriamo dentro a questa istituzione, per fare un continuo esame di coscienza, per metterci in attento ascolto del Papa, delle sue indicazioni, del suo sguardo e delle sfide che egli ritiene più urgenti per la Chiesa stessa”. Poi, la tradizionale Lectio magistralis, tenuta quest’anno dal cardinale Segretario di Stato Pietro Parolin che, affrontando il tema: “La diplomazia della Santa Sede nella società post-globale”, ha anch’egli ricordato la grande vocazione dell’istituzione universitaria, chiamata a dare un contributo prezioso “alle grandi questioni della cultura contemporanea”.  

PAROLIN: DIPLOMATICI PRIMA DI TUTTO PASTORI – Oggi, secondo il cardinale, la Chiesa vive ed opera in una società in cui “la velocità dei contatti e il pragmatico succedersi delle situazioni sembra togliere spazio alla ricerca e al dibattito sull’uomo, sulla dimensione della persona, sulla sua esistenza e relazionalità”. Quindi, citando Papa Francesco ha esortato “a produrre dibattiti che generino alternative concrete a problemi già esistenti”.Questo impegno è anche il lavoro principale della diplomazia Vaticana. I diplomatici della Santa Sede sono innanzitutto “pastori custodi della premura del vescovo di Roma per le chiese locali e per intera umanità" ha ricordato il Segretario di Stato. La Santa Sede profonde il suo impegno nel mondo anche cercando di cogliere i segni più piccoli di concordia tra gli Stati. Questo per favorire il bene dell'umanità e cercare di impedire che dialoghi e trattative falliscano. “Mai la Santa Sede sarà artefice dell’interruzione o del fallimento della trattativa intrapresa”.Un esempio è dato non solo dall'attività diplomatica vaticana a Cuba o in Colombia, ma anche in Terrasanta favorendo l'accordo con la Palestina. Un accordo, ha rimarcato il cardinale, che testimonia l'attenzione di Roma verso la Terrasanta e, in particolare, l'impegno per: "Una pacifica convivenza tra popoli diversi". Una convivenza e una pace che riguardano il mondo, un mondo nel quale - osserva Parolin - è necessario riunire il binomio pace-sicurezza a quello cooperazione-sviluppo per garantire un ordine mondiale più giusto, capace di tutelare uomini e donne del Pianeta. 

GUAI SE SI CADE NELLA MONDANITA' INTELLETTUALE - La comunità della Lateranense, insomma, inizia l’anno accademico con il grave impegno di un costante confronto con le sfide culturali poste dal mondo odierno. E senza cadere nelle trappole della “vanità” o dell’“autoreferenzialità”. Per il vescovo dal Covolo occorre saper parlare al mondo della nostra fede, di speranza, misericordia, di verità, giustizia, bellezza, ma sempre con “dolcezza”, e “rispetto”. Infatti, “non dobbiamo piacere al mondo, ma non dobbiamo nemmeno piacere troppo a noi stessi, trascurando la diversità e la complessità del mondo”. Parafrasando la Lettera di Pietro, “non siamo solo chiamati a dare ragione della speranza, ma anche a dare ragione della misericordia”. È questa la parola chiave del pontificato di Papa Francesco ed è il modo giusto con cui parlare al mondo contemporaneo. Anche se finisce l’anno giubilare non dobbiamo mai riporre questo atteggiamento amorevole nei confronti del mondo e “anzi, dovremmo chiedere la grazia di saper trasformare il nostro studio in un modo eccellente di amare e di prendere a cuore le persone e il mondo che ci sono stati messi tra le mani”.