Apertura del 244° Anno Accademico della Pontificia Università Lateranense.
![](https://ordinedimaltaitalia.org/sites/malta/malta/files/styles/news_detail/public/news/image/news_placeholder_176.jpg?itok=iE6DVaoi)
Il Gran Priore di Roma dell’Ordine di Malta, S.E. Giacomo Dalla Torre del Tempio di Sanguinetto, tra gli Ospiti d’Onore.
La collaborazione tra la Lateranense e il Gran Priorato di Roma si è intensificata in occasione della firma del protocollo d’Intesa tra l’Università e il Ministero dell’interno finalizzato all’accoglienza di giovani studenti che godono dello status di rifugiati.
Il Gran Priore ha fortemente appoggiato questa lodevole iniziativa con la sua presenza e il suo incoraggiamento, ed anche con una donazione volta a sostenere questi studenti e gli altri che l’Università accoglierà nel corso dell’Anno Accademico.
IL RETTORE DAL COVOLO: SERVIAMO IL PAPA, ANNUNCIAMO LO STESSO VANGELO AD UN MONDO CHE CAMBIA. PAROLIN: ECCO COME AGISCE LA DIPLOMAZIA DELLA SANTA SEDE NEL MONDO POSTGLOBALE
Si è aperto il 9 novembre, con il Dies Academicus, il 244° Anno Accademico alla Pontificia Università Lateranense. Nella prolusione d’apertura della solenne cerimonia, il vescovo Enrico dal Covolo, Rettore Magnifico dell’Ateneo che è legato in modo particolare alla Santa Sede e alla Chiesa di Roma, ha voluto ricordare l’appellativo dato alla Lateranense da Giovanni Paolo II che la definì: “Università del Papa”. Queste parole sono “onore e onere”, per il vescovo dal Covolo, e “servono a noi, che lavoriamo dentro a questa istituzione, per fare un continuo esame di coscienza, per metterci in attento ascolto del Papa, delle sue indicazioni, del suo sguardo e delle sfide che egli ritiene più urgenti per la Chiesa stessa”. Poi, la tradizionale Lectio magistralis, tenuta quest’anno dal cardinale Segretario di Stato Pietro Parolin che, affrontando il tema: “La diplomazia della Santa Sede nella società post-globale”, ha anch’egli ricordato la grande vocazione dell’istituzione universitaria, chiamata a dare un contributo prezioso “alle grandi questioni della cultura contemporanea”.
PAROLIN: DIPLOMATICI PRIMA DI TUTTO PASTORI – Oggi, secondo il cardinale, la Chiesa vive ed opera in una società in cui “la velocità dei contatti e il pragmatico succedersi delle situazioni sembra togliere spazio alla ricerca e al dibattito sull’uomo, sulla dimensione della persona, sulla sua esistenza e relazionalità”. Quindi, citando Papa Francesco ha esortato “a produrre dibattiti che generino alternative concrete a problemi già esistenti”.Questo impegno è anche il lavoro principale della diplomazia Vaticana. I diplomatici della Santa Sede sono innanzitutto “pastori custodi della premura del vescovo di Roma per le chiese locali e per intera umanità" ha ricordato il Segretario di Stato. La Santa Sede profonde il suo impegno nel mondo anche cercando di cogliere i segni più piccoli di concordia tra gli Stati. Questo per favorire il bene dell'umanità e cercare di impedire che dialoghi e trattative falliscano. “Mai la Santa Sede sarà artefice dell’interruzione o del fallimento della trattativa intrapresa”.Un esempio è dato non solo dall'attività diplomatica vaticana a Cuba o in Colombia, ma anche in Terrasanta favorendo l'accordo con la Palestina. Un accordo, ha rimarcato il cardinale, che testimonia l'attenzione di Roma verso la Terrasanta e, in particolare, l'impegno per: "Una pacifica convivenza tra popoli diversi". Una convivenza e una pace che riguardano il mondo, un mondo nel quale - osserva Parolin - è necessario riunire il binomio pace-sicurezza a quello cooperazione-sviluppo per garantire un ordine mondiale più giusto, capace di tutelare uomini e donne del Pianeta.
GUAI SE SI CADE NELLA MONDANITA' INTELLETTUALE - La comunità della Lateranense, insomma, inizia l’anno accademico con il grave impegno di un costante confronto con le sfide culturali poste dal mondo odierno. E senza cadere nelle trappole della “vanità” o dell’“autoreferenzialità”. Per il vescovo dal Covolo occorre saper parlare al mondo della nostra fede, di speranza, misericordia, di verità, giustizia, bellezza, ma sempre con “dolcezza”, e “rispetto”. Infatti, “non dobbiamo piacere al mondo, ma non dobbiamo nemmeno piacere troppo a noi stessi, trascurando la diversità e la complessità del mondo”. Parafrasando la Lettera di Pietro, “non siamo solo chiamati a dare ragione della speranza, ma anche a dare ragione della misericordia”. È questa la parola chiave del pontificato di Papa Francesco ed è il modo giusto con cui parlare al mondo contemporaneo. Anche se finisce l’anno giubilare non dobbiamo mai riporre questo atteggiamento amorevole nei confronti del mondo e “anzi, dovremmo chiedere la grazia di saper trasformare il nostro studio in un modo eccellente di amare e di prendere a cuore le persone e il mondo che ci sono stati messi tra le mani”.